ancora d’alberi

ieri ho partecipato ad un incontro di paesologia con Franco Arminio:bello, coinvolgente,persino commovente nella semplicità delle idee e delle parole per dirle. Bello dirsi che c’è bisogno di parlare di noi, dei nostri sogniebisogni con chiunque sia sul nostro percorso, e ascoltare i sogniebisogni degli altri. Ma poi sono partite un po’ di concioni locali al sapore dell’autoreferenzialismo puro: che peccato.

E proprio nel timore del fatidico:  Io penso che…con tre I maiuscole mi sono astenuta dal notare che si parla d’alberi da piantare come di noccioline da mangiare, come feticci da consumare: gli alberi non vanno piantati, vanno curati. Curati quotidianamente, amati nel loro divenire ( e dunque bisogna conoscerne almeno forme e misure finali, e necessità biologiche, prima di mettere in fila  a due metri di distanza l’uno dall’altro tigli che apriranno chiome da venti metri di diametro sol perchè  sono nati dei bambini…), amati nel comune sottostare alle forze della natura(quante notti passate  a occhi sbarrati per la paura del vento e del temporale, e non a cianciare di diritti e  denunce …). E, a proposito di agrumeti, che dispiacere capire che ancora una volta si degrada a puro interesse estetico il  frutteto, cui invece tocca la categoria di “bello e utile”: ora si tratta di ritrovare una valenza di utilità per una agricoltura purtroppo fuori moda senza farsi influenzare dall’orrore che la sola parola “utilità” ci suscita in questi tempi che  dell’utile hanno fatto una divinità.